Descrizione
MARIO TADINI
Nasce nel 1905, figlio di Ercole, ricco commerciante proprietario dei “Grandi Magazzini Italiani Tadini“, una catena di negozi di abbigliamento con filiali in tutto il Nord Italia. Una di queste era a Bologna e lì Mario finisce a 15 anni ad aiutare in bottega. I destini dei pionieri della Ferrari si incrociano nel settembre 1929 al Giro delle tre Province, tra i piloti ci sono Tadini e Alfredo Caniato, entrambi guidano auto Alfa Romeo comprate da Enzo Ferrari. Un mese dopo, il 5 ottobre, a una cena di gala a Bologna nasce l’idea della scuderia, i soci di Ferrari sono proprio quei piloti scavezzacollo – Alfredo e Augusto Caniato e lo stesso Tadini – che nei mesi precedenti avevano corso con le sue auto. La nuova Scuderia Ferrari parte con cinque vetture Alfa Romeo e il primo Presidente è proprio Tadini.
Il quale però evidentemente preferisce stare al volante e nell’aprile 1930 partecipa a proprio spese, perché così voleva Ferrari, alla sesta Mille Miglia con la sua Alfa Romeo 6C 1750 Spider Zagato: è la prima auto della Scuderia Ferrari a scendere in pista, le cineprese del Cinegiornale immortalano, in un breve filmato in bianco e nero, la partenza da viale Rebuffone a Brescia. L’avventura finisce con un ritiro, ma Tadini ci riprova anche negli anni successivi. Nel ’35 ottiene il secondo posto, "ventre a terra", scrive su “Il Littorale” Corrado Filippini, che lo definisce "dilettante, ecco, egli è, squisitamente, dilettante. Come tale la sua abilità di guida è meravigliosa".
Ma ”il suo regno”, come disse lo stesso Ferrari, era la salita dello Stelvio: Tadini aveva doti di scalatore, tra il ‘32 e il 39 la vince cinque volte di cui quattro di fila, non ci sono Varzi e Nuvolari che tengano. Il trucco del bergamasco per affrontare i tornanti verso il passo senza perdere secondi preziosi è stato messo a punto – lo spiega un libro del ‘47 scritto da Giovanni Canestrini – dopo aver percorso la strada da Trafoi al passo "impicciato nella sua manovra dalla mole del meccanico che gli stava al fianco". Tadini, che nel ’35 guadagnava come pilota 87mila lire, era così famoso da finire anche sulle “cartine“, le figurine dell’epoca. Nel 1940 lascia le gare, poi lo sfollamento a Lesa, sicuro rifugio alle tragedie della Seconda Guerra Mondiale, il secondo matrimonio nel ’55 e la morte nel 1983. È sepolto nella tomba di famiglia a Bergamo.
VILLA “SOUROUR” E DARSENA
La Villa
Questa singolare villa, edificata nel 1914/1915, sorge all’interno di un parco ricco di alberi pregevoli, quali canfore, cipressi, cedrus atlantica, magnolie e faggi. La sua architettura riecheggia lo stile degli chalet transalpini, ma ben si fonde nell’ambiente in cui sorge e con i modelli di villa sul lago nel tardo ‘800.
Le sue caratteristiche principali sono costituite dalla massiccia torre d’angolo con le sue trifore e i balconi pittoreschi, la balconata sporgente sul portico, che offre un belvedere sul panorama circostante, il cornicione di gronda, sostenuto da elaborate mensole a trina lignea, il tetto, a forte pendenza, ricoperto in scandole di pietra. Al corpo principale è annessa anche una casa del custode affacciata sul Sempione.
La proprietà è passata negli anni ai Diana, ai Buzzi, ai Tadini e, per qualche tempo, fu utilizzata anche come albergo, denominato “Hotel Primavera”. In questa villa, a quel tempo chiamata “Villa Piera” dal nome della moglie, Mario Tadini trovò sicuro rifugio alle tragedie della seconda guerra mondiale. Oggi è diventata una residenza plurifamiliare.
La darsena
Edificata nel 1912, è oggi di proprietà pubblica (demanio dello Stato) ma fa parte della storia di Villa Sourour. Caratterizzata da una struttura massiccia di aspetto solido, ha l’aspetto di una costruzione fortificata a pelo d’acqua, composta da grossi conci lapidei e coperta da un terrazzo panoramico a cui si accede dal Giardino dei Glicini attraverso una scala in pietra.
L’accesso delle imbarcazioni avviene lungo il lato corto rivolto a nord, con imboccatura ad arco, sostenuta da colonne svasate con capitello geometrico floreale, con chiave di volta a formella sagomata. L’accesso pedonale è garantito da un’arcata laterale a cui si accede per mezzo di una scala interrata nello spazio tra darsena e lato strada. L’interno, ampio e spazioso, è caratterizzato da una balconata perimetrale che aveva la funzione di approdo per le imbarcazioni, lineare e senza alcun parapetto.
Nel 2023, sulla base di uno Studio di Fattibilità Tecnica ed Economica del Comune di Lesa, il Ministero dei Beni Culturali ha deciso di dare corso ad un progetto di consolidamento e restauro conservativo della darsena per recuperarla all’uso pubblico come elemento trainante nel sistema organico costituito da giardino, darsena, passeggiata verso Belgirate.